La visione della persona in psicoterapia

Trovare significati a ciò che ci succede concede benessere e senso di coerenza. La psicoterapia ci propone modi per cercarli, ci aiuta ad integrare le informazioni che abbiamo sul momento, mettendo a confronto passato e presente, concedendo maggior progetto al futuro.

Esistono diversi Modelli psicoterapeutici per comprendere e fronteggiare un disagio personale. I Modelli terapeutici sono espressione di una visione filosofica della vita. Pertanto ciò che innanzitutto deve fare un giovane psicologo per diventare psicoterapeuta è comprendere la propria personale visione filosofica della vita e decidere come avvicinarla ai Modelli di riferimento che egli vuole conoscere. In questo modo ne consegue una combinazione potente composta da visione personale, conoscenza di sé e Modello di riferimento, sufficientemente in grado di spiegare il comportamento umano in termini generali, psicopatologici, nonché, infine, terapeutici.  

Personalmente sono molto vicino a due Modelli concettuali che mi hanno aiutato a comprendere la persona e ad inquadrare i suoi disagi. Il primo modello recupera gli studi del Costruttivismo (George A. Kelly, Jean PiagetHumberto Maturana, Francisco VarelaLev Vygotskij, per citarne alcuni). Il secondo modello recupera gli studi sull’Attaccamento di John Bowlby, evoluti poi successivamente con Mary Ainsworth, Patricia Crittenden e Andrea Landini.  

Il Costruttivismo

Nel costruttivismo la conoscenza è il risultato di un processo che dipende:

  •         dalle nostre teorie di riferimento, che ci spiegano ciò che potrebbe accadere;
  •         dai significati che conferiamo alle nostre azioni nel fare le esperienze;
  •         dalle risposte ambientali che confermano o meno le nostre ipotesi.

Così la realtà è una costruzione, un proprio punto di vista, sempre potenzialmente modificabile. Lo psicoterapeuta costruttivista cerca di comprendere le differenti prospettive e i modi che ciascuno di noi utilizza per costruire i significati delle esperienze.  Sappiamo che uno stimolo particolare può produrre ansia per una persona, mentre per un’altra persona lo stesso stimolo produce benessere o conforto! Ho degli amici per i quali lo sport, come salire in bicicletta in montagna, equivale a provare ansia e preoccupazioni al solo pensiero. Ho altri amici per i quali la stessa azione è fonte di gratificazione e benessere. Per alcuni allontanarsi da casa per esplorare luoghi nuovi è stressante, per altri è motivo di vitalità. In definitiva lo stesso oggetto può produrre un significato molto differente, creando benessere oppure disagio! Se non riusciamo a spiegarci il senso del disagio (da dove nasce, da quanto tempo è presente, come faccio a gestirlo..) ci manteniamo in uno stato costante di malessere e a volte produciamo dei precisi sintomi, invasivi o poco simpatici. Per comprendere il sintomo dobbiamo allora conoscere il modo attraverso il quale abbiamo avuto esperienze disagevoli intorno ad alcuni stimoli, comprendendo le emozioni, i pensieri e gli aspetti sensoriali circostanti. Scopriamo così una grande vastità di significati personali a medesimi stimoli. Il rispetto per queste differenze e la curiosità per la storia personale generano nello psicoterapeuta costruttivista un’attitudine ad entrare in una relazione significativa con il proprio paziente, generativa di interesse e scoperta. Si crea una relazione unica tra terapeuta curioso e paziente disposto a narrare di sè. Lo psicoterapeuta, comprendendo o meno quanto riportato dal suo paziente, accoglie le sue ipotesi e irrobustisce il paziente oppure lo invita a rispiegare e ridescrivere, aiutandolo così a ripensare a nuovi significati personali. 

Il Modello Dinamico Maturativo dell’Attaccamento e dell’Adattamento

L’attenzione per gli aspetti evolutivi e per i modi di rispondere alle esperenze è oggetto degli studi sull’attaccamento di John Bowlby il quale ci spiega come avviene questa costruzione fin da quando siamo piccoli, offrendoci una lettura evolutiva dei comportamenti della persona, molto utile in psicoterapia. Con i suoi studi Bowlby ci spiega il presente grazie alle indagini sul passato. Il suo Modello chiarisce la seguente questione:  “perchè oggi provo un disagio per questo tipo di stimolo, allorchè in passato non lo provavo affatto?” Maturando si cambia: cambia il corpo per esempio, cambiano i ruoli sociali e le competenze attese. Ciò che abbiamo imparato va pertanto sapientemente modificato. Non sempre ci riusciamo. Siamo stati bambini, figli piccoli, ragazzi, amici, fidanzati, mariti, genitori, atleti, … in momenti precisi della nostra vita, apprendendo cose che nel corso del tempo probabilmente vanno ottimizzate o integrate. Motivato dagli studi etologici, Bowlby afferma che alla nascita e per i primi anni di vita, in quanto non autonomi, ci dobbiamo adattare a diverse condizioni: a volte a fattori ambientali avversi; altre volte ad esigenze fisiologiche interne come il bisogno di cibo, esigenze che dobbiamo imparare a segnalare se vogliamo sopravvivere; e naturalmente agli stili educativi dei nostri genitori, ovvero a modalità relazionali che i genitori si portano appresso dalla loro storia passata. A volte assistiamo ad un eccesso di protezione che non consente di sviluppare l’autonomia del bambino; altre volte assistiamo ad uno stile pretenzioso o troppo severo laddove il piccolo non corrisponda alle aspettative attese! Piano piano il piccolo di uomo comincia a dover gestire molte informazioni, le cui elaborazioni si organizzano per disporlo ad avere comportamenti o pensieri adattati a chi si prende cura di lui. In particolare il bambino:

elabora informazioni circa le relazioni causali tra gli eventi

ovvero costruisce mappe cognitive che gli spiegano gli eventi e danno prevedibilità

impara a modulare l’intensità della propria risposta agli eventi

ovvero modula le prime emozioni

Le risposte via via si organizzano fino al formarsi di un proprio Sé distinto da quello dei genitori e diventare sufficientemente indipendenti per poter esplorare e trattare le informazioni in una certa autonomia. Ma il modo di gestire le informazioni appreso con i genitori funzionerà ancora allorché si matura, si diventa adulti e si incontrano ostacoli nuovi? Torniamo dunque all’ansia odierna. Lo psicoterapeuta si dovrà chiedere: in che modo quando si era piccoli ci si è adattati al proprio ambiente e ai propri fornitori di cura? Come siamo cambiati nel corso della maturazione? E’ ancora valido oggi il modo di elaborare le informazioni appreso da bambino, oppure non più e servono nuovi modi? Questo è l’oggetto dello studio della Teoria dell’Attaccamento e Adattamento, sviluppata per primo da John Bowlby e successivamente da Mary Ainsworth, fino ad arrivare oggi a Patricia Crittenden e Andrea Landini, nel loro Modello Dinamico Maturativo dell’Attaccamento e Adattamento.

E’ questa la visione che accompagna le mie domande di curiosità sulla natura umana. E le domande per comprendere l’altro sono come il sale nella vita professionale di uno psicoterapeuta.